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Il Cimitero della Misericordia : Storia e Valorizzazione

IL CIMITERO DELLA MISERICORDIA

Il cimitero dell'arcicofraternita della Misericordia di Pistoia tra legislazione granducale  e piano cimiteriale comunale.  Storia e valorizzazione.

Copertina libro Misericordiaautori:

Bernardo Pagnini, architetto, CICOP Italia

Maria Camilla Pagnini, architetto, PhD,  CICOP Italia

Abstract

            This study describes some outcome of the survey on the origin of the  cemetery of Confraternita della Misericordia  in Pistoia, buildt in 1768. The research is  intended like preliminary step to a conservation and restoration project, such as to an exploitation program of the building architectural characteristics and of the artworks in it retained.

Sommario

            Nel contributo sono presentati alcuni dei risultati emersi dalle indagini effettuate per ricostruire la storia del cimitero dell'Arciconfraternita della Misericordia di Pistoia, fondato nel 1768. Lo studio costituisce la fase propedeutica alla progettazione di interventi organici di conservazione e restauro nonchè alla formulazione  di un percorso di valorizzazione dell'architettura e delle opere d'arte conservate all'interno del cimitero.

 

1. Introduzione

            Il cimitero dell'Arciconfraternita della Misericordia di Pistoia condivide temporalmente i momenti salienti della sua evoluzione  architettonica con analoghe istituzioni legate  ad altre confraternite della Misericordia presenti in Toscana. Al pari della Misericordia di Firenze, di Bagno a Ripoli-Antella, di Prato e Pisa, solo per citare alcuni esempi che presentano vicende costruttive proprie e originali, anche Pistoia ha un cimitero inizialmente destinato ai confratelli che fu ampliato e modificato più volte a partire dal quarto decennio del XIX secolo e successivamente aperto a tutti i defunti che potevano essere associati alla confraternita in articulo mortis. Il cimitero è costituito da due recinti realizzati tra XIX e XX secolo, nonché da un recente ampliamento costruito ad est dell'esistente in collegamento con il recinto novencentesco. I recinti rettangolari sono impostati secondo il codificato modello claustrale: al centro, nello spazio aperto si trovano le sepolture a sterro raggiungibili da vialetti, sui lati lunghi sono costruiti i loculi distribuiti da percorsi in forma di loggiato, nella parte più antica i loculi sono collocati anche in gallerie sotterranee; nei lati corti sono costruite le cappelle private. Percorrere la vicenda architettonica del cimitero dell'Arciconfraternita, che condivide con il cimiero comunale detto “Principale” la grande dimensione e con essa le implicazioni di gestione e conservazione, è utile per approfondire la storia di un cimitero che seppur disciplinato da strumenti urbanistici comuni ha un regime diverso dalle altre aree cimiteriali comunali che si discostano da esso per le vicende costruttive assai semplificate; infatti  oltre al grande cimitero comunale, il territorio del Comune di Pistoia ha al suo interno ben 50 aree cimiteriali, la cui presenza è dovuta alla creazione, avvenuta nel XIX secolo, di piccoli cimiteri a servizio di centri abitati anche di modeste dimensioni e solitamente facenti capo a chiese parrocchiali. Questi cimiteri, ancor oggi in funzione, sono stati definiti nel Piano Regolatore Cimiteriale vigente (2005-2014)  come “cimiteri di campanile”; il gran numero di aree definito dal Piano “fuori norma” a causa anche dei costi di gestione, segnala la presenza di un fattore identitario tutt'altro che trascurabile dovuto alla “sedimentata abitudine del cittadino ad avere il cimitero di campanile vicino a casa”.

           

2. Dalla fondazione del “nuovo camposanto” alla concessione alla Venerabile Arciconfraternita: 1768-1841

            La storia del camposanto della Misericordia ebbe inizio con il motuproprio del granduca di Toscana Pietro Leopoldo che disponeva la  costruzione di un nuovo camposanto fuori della città di Pistoia, destinato a dare sepoltura ai deceduti presso l’ospedale civico detto “del Ceppo”. Fino ad allora le inumazioni a Pistoia – e in Toscana- erano affidate alle compagnie laicali  che seppellivano i propri associati all’interno degli oratori e delle chiese che le ospitavano, oppure nel caso di famiglie patrizie, all'interno delle chiese e nei chiostri conventuali degli Ordini mendicanti: Francescani, Domenicani , Serviti e Agostiniani. La confraternita della Misericordia di Pistoia ebbe sino dal momento della fondazione lo scopo statutario di dare sepoltura agli indigenti, ai condannati al patibolo e a tutte quelle categorie di persone che per motivi diversi erano senza tutela. Questo stesso indirizzo fu condiviso dalle altre confraternite della Misericordia presenti nel territorio toscano; a titolo di esempio ricordiamo il ruolo della Misericordia di Prato in occasione dell'epidemia di peste del 1631: in questo tragico frangente la Confraternita seppellì più di 600 morti dando con questo gesto di pietà luogo al primo nucleo di quello che nel XIX secolo sarebbe divenuto il cimitero della Misericordia di Prato.

            Il cimitero pistoiese è tra i primi realizzati secondo i nuovi orientamenti granducali finalizzati ad una complessiva riorganizzazione sanitaria dello Stato, sostenuta dalla cultura scientifica igienica che in quegli anni si andava affermando. I nuovi criteri di sanità determinarono ad esempio la costruzione del camposanto di Grosseto e di quello di Livorno, istituito subito prima che Pietro Leopoldo stipulasse il concordato con il quale fu sancito che le sepolture non potessero più avvenire in chiesa ma soltanto nei cimiteri extra urbani che sarebbero stati per questo costruiti.

            Il granduca ordinò che a Pistoia si procedesse “alla costruzione del nuovo camposanto (…) a forma della proposizione e disegno dell’ingegnere Giuseppe Salvetti”. La relazione di progetto porta la data del 18 luglio 1768; in essa si dava conto delle indagini effettuate per individuare il sito adatto, differente da quello segnalato dall’architetto Romualdo Cilli che aveva elaborato in precedenza un progetto ritenuto dispendioso, inopportunamente collocato e  con “sconcerti”.

Casella di testo:  Fig.1, la città di Pistoia e le aree cimiteriali ad est           

Il Salvetti collocò il cimitero all'esterno della parte orientale della città, lontano dalla strada, racchiuso da un recinto rettangolare, con l'accesso protetto da un cancello con pilastri e nel lato opposto “una nicchia a guisa di cappellina”; la costruzione fu ultimata nel luglio 1770. Fig.1

Il recinto sacro rimase deserto per anni, probabilmente anche per la resistenza dovuta all'abitudine, consolidata ormai da molti secoli, all'inumazione all'interno delle chiese, infatti le persone, abituate ad un modo diverso di seppellire “quasi aborrivano delle sepolture allo scoperto”.

            Sepulcrum hoc extra pomoerium, ut aeris salubritati prospiceret, iussu et auspiciis, Petri Leopoldi M. Etruriae ducis, Franciscus Niccolinius (...)a fundamentis erexit, A.D.MDCCLXIX . L'epigrafe ancor oggi collocata all'ingresso della cappella di San Francesco, costituisce testimonianza e ragione della fondazione

 Fig.1, la città di Pistoia e le aree cimiteriali ad est

dell'antico nucleo settecentesco del cimitero. Proprio in quest'area si succedettero, dopo una prima fase durata diversi decenni durante la quale il recinto cimiteriale resta di fatto inutilizzato,  in rapida sequenza, lavori di restauro e ampliamento allorché la struttura fu data in uso all'Arciconfraternita nel 1841. L’amministrazione dell’ospedale pistoiese concesse in uso alla Misericordia il proprio cimitero con un contratto d’affitto che in una prima fase impegnò la Confraternita a versare un canone annuo e a sostenere tutti i lavori di restauro necessari per la sua manutenzione.

Casella di testo:  Fig.2, Planimetra del primo nucleo del cimitero, Archivio Misericordia PistoiaFig 2

Per sostenere le spese fu indetta una sottoscrizione e una apposita deputazione fu incaricata di amministrare le offerte versate per i lavori di restauro necessari per la cappella, progettati dall'ingegnere pistoiese Giovanni Parri e appaltati sul finire del 1841. Alla fine del 1842 fu effettuata la prima sepoltura.

            E' significativo che proprio nel medesimo periodo, fra il terzo e il quarto decennio dell'Ottocento, anche l'Arciconfraternita della Misericordia di Firenze ottenesse la possibilità di utilizzare per la sepoltura dei confratelli, il cimitero che era stato edificato a servizio dell'ospedale di Santa Maria Nuova, originariamente progettato secondo le indicazioni di Antonio Cocchi, noto medico fiorentino, convinto assertore del necessario allontanamento delle sepolture dall'interno del medesimo ospedale e quindi dalla città.

            Il terzo e il quarto decennio dell'Ottocento rappresentano un periodo cruciale per l'Arciconfraternita pistoiese che si trova impegnata in una riorganizzazione generale contemporanea al cambiamento di sede; il granduca concede in questi anni l'uso dell'edificio occupato in precedenza dal conservatorio delle Abbandonate sito in via Can Bianco e ancor oggi sede della Misericordia.

 

 

 Fig.2, Planimetra del primo nucleo del cimitero, Archivio Misericordia Pistoia 

      Il semplice recinto originario, che delimitava la terra consacrata per le sepolture, cui fu aggiunta di fronte all'ingresso una piccola chiesiola affiancata da alcune cappelle con sepolcreti, costituisce di fatto il primo tentativo di  pianificare l'ampliamento del cimitero. Tuttavia per avere una organica definizione dello spazio sacro bisogna attendere la redazione del progetto dell'architetto Bernardo Bernardini, che reinterpreta il lessico architettonico della tradizione costruttiva fiorentina nel progettare una nuova e ampia chiesa con planimetria cruciforme, che diverrà negli anni successivi la base degli ampliamenti delle gallerie dei loculi divenendo lo spazio distributivo, alternativo al loggiato esterno, di tutto il lato est del primo chiostro. Con la piccola chiesa progettata da Bernardini si ripercorre il tema planimetrico della croce greca, quadrata Crux, con cupola emisferica al centro, che fu elaborato in area toscana tra il settimo e l'ottavo decennio del Quattrocento; “la corrispondenza fra la pianta dell'edificio ecclesiale e lo strumento del sacrificio di Cristo è un tema che appartiene alla tradizione cristiana” sin dalle origini. L'impianto neo-rinascimentale fu completato in alzato con la costruzione di uno spazio solenne concluso dalle volte a botte che coprivano i bracci della croce, cioè le gallerie, sulle quali furono disposti loculi e monumenti funebri.

            La chiesetta bernardiniana occupa oggi la zona sud-est del primo recinto; ai lati di questo spazio furono costruiti gli ampliamenti che in pochi decenni plasmarono, tra il 1864 e il secondo decennio del Novecento, quasi l'intero braccio del chiostro nell'assetto nel quale ancor oggi lo vediamo, ottenuto per mezzo della seriale ripetizione della campata del loggiato esterno. Il braccio trasversale della crux, cioè la galleria interna,  con molti accrescimenti fu trasformata in galleria di loculi, acquisendo negli anni uno sviluppo accentuato rispetto al braccio ortogonale.

 

3. La definizione del recinto sacro ed il progetto di Bernardo Bernardini

            Il progetto per la necessaria  nuova definizione del primo recinto fu redatto nel 1867, significativamente coevo alla redazione del progetto per l’ampliamento dell’esistente cimitero Comunale. L'architetto Bernardini dichiarò di essersi documentato, per la progettazione, studiando il cimitero di Bologna, quello di Siena ed il cimitero di San Miniato al Monte, nell'intento di coniugare “quanto richiedesi a tutela della pubblica igiene e prestandosi a quella decenza e decorazione ormai richiesta dai nostri tempi”.

            La planimetria, che non prevedeva aumento di superficie rispetto al tracciato dell’antico cimitero, era spartita simmetricamente e circondata da cappelle suddivise in loculi, l’accesso ai sepolcreti sotterranei avveniva attraverso una scaletta a chiocciola ospitata all’interno di una piramide posta all'incrocio dei viali ortogonali che segnavano l'area per le sepolture a sterro.  La tipologia claustrale scelta da Bernardini è seriale, tale da essere ripetuta per tutta la planimetria e si specializza in luoghi notevoli aumentando di dimensione nell’ingresso della cappella. Il meccanismo della cellula elementare ritmata da archi a tutto sesto è articolata in un vano elementare quadrato, coperto a crociera, cui sono sottoposti sepolcreti ipogei; questa articolazione, con mutate caratteristiche formali, sarà impiegata nei futuri progetti di ampliamento del cimitero.

Casella di testo:  Fig.3 Bernardo Bernardini, la cappella del primo recinto intitolata a san Francesco            L'interno dell'oratorio, intitolato a San Francesco d'Assisi,  è caratterizzato da membrature architettoniche molto semplici che  furono originariamente dipinte color latte di calce con i campi d'intonaco di color bianco verdastro, mentre la cupola di colore celeste avrebbe dovuto avere al centro la colomba dello Spirito Santo. Fig. 3

            Il progetto fu accolto dall'Arciconfraternita e rapidamente fu deliberato il piano economico per la realizzazione. Nel primo lotto di lavori furono realizzati l'oratorio con sacrestia e vestibolo nonché alcune celle destinate alla sepoltura “degli uomini illustri”.Bernardini seguì personalmente le fasi del cantiere, controllando il libretto di misure redatto dall'impresario Adamo Niccolai ed inviando schemi di dettagli architettonici tra i quali “il modine per il piedistallo della guglia” mantenendo un controllo puntuale di ogni fase e di eventuali varianti al progetto originale. Il secondo lotto di lavori, comprendente quattro cappelle e il collegamento sotterraneo ai sepolcreti, ebbe inizio a partire dalla seconda metà del 1868; il terzo lotto, ultimato alla fine del 1869, riguardò la costruzione di altre sei cappelle. Quasi immediatamente dopo la conclusione dei lavori si fece strada l’idea di ampliare l’oratorio e nell’ottobre 1872 fu chiesto, ancora una volta al Bernardini, di studiarne l'opportunità; secondo l’architetto, l’oratorio avrebbe potuto essere ingrandito “senza alterare per niente l’apparenza esterna” con alcuni ambienti di servizio e disimpegno da realizzare sul retrostante spazio, nuovamente acquisito per realizzare “ due scale da discendere nei sepolcreti da eseguirsi in sostituzione di quella di mezzo che verrebbe soppressa”. L’assetto finale del cimitero, allorché furono intrapresi i lavori d’ingrandimento dell’oratorio, terminati con la consacrazione nell’ottobre 1875, è testimoniato dai progetti successivi che includono, nelle tavole per l’ampliamento, la parte di cimitero già esistente.

           

Fig.3 Bernardo Bernardini, la cappella del primo recinto intitolata a san Francesco

Agli anni Settanta appartengono i primi monumenti funebri realizzati, secondo il regolamento del cimitero; tutte le opere dovevano essere sottoposte all'approvazione da parte dell’ Arciconfraternita che stabilì la possibilità di erigere: “monumenti nelle cappelle, sui pilastri interni ed esterni di esse, apporre epigrafi, iscrizioni e memorie nei muri di cinta del cimitero ed erigere ancora monumenti isolati nel campo aperto a memoria dei defunti ivi inumati e di circondare quelli, e di piante ed arbusti sempre verdi”.

 

4. Il primo ampliamento del cimitero nei progetti Volpini e Parri

            Quindici anni dopo l'intervento bernardiniano, nel 1881, il nuovo recinto risulta già inadeguato e incapace di accogliere altre sepolture per cui fu ipotizzato un nuovo ampliamento sul terreno oltre il rio Diecine, oppure a fianco del recinto esistente. L'attenzione dei progettisti si focalizzò sulla costruzione di nuovi blocchi di loculi, articolati in un piano interrato e uno superiore distribuito da un loggiato da collegare in vario modo all'esistente previo ampliamento della muraglia di recinzione intorno al nuovo spazio destinato al fabbricato e alle sepolture a sterro. Negli anni Ottanta e Novanta del XIX secolo si susseguirono varie ipotesi di intervento e furono interpellati diversi tecnici per redigere un progetto di massima utile a stabilire quale fosse l'area da acquisire per l'ampliamento; dal gennaio al giugno 1883 lavorò alla definizione dell'impianto planimetrico l’ingegner Parri che fu sostituito dall'architetto Alfredo Manfredini, al quale subentrò in novembre Filippo Volpini che in breve tempo presentò una relazione nella quale erano considerate e vagliate le ipotesi dei due precedenti progetti. La scelta fu quella di affiancare l’ampliamento all'esistente, nell'area di proprietà Rospigliosi, di maggiori dimensioni poiché il progettista ritenne che fosse necessario avere a disposizione un grande spazio per le tumulazioni a sterro ed anche per “costruire viali d’accesso con edicole relative, (che) offrir(anno) il modo di corredare a boschetti e giardini che tanto contribuirebbe(ro) ad arricchire e rendere più maestosa la sede del cimitero stesso”. Era evidente la ricerca di una qualificazione secondo gli elementi tipici del cimiero “architettonico” nel quale l'elemento naturale e il verde erano sottomessi al rigido impianto geometrico degli spazi destinati alle sepolture. Volpini delineò un fabbricato destinato ai loculi la cui parte centrale era contigua alla costruzione bernardiniana pre-esistente che veniva così a costituire l'ala destra del fabbricato; dalla parte opposta il progettista propose una nuova ala che ripeteva proporzioni ed elementi architettonici del loggiato primitivo, in quest'ottica la rettifica dell’alveo del rio Diecine fu resa necessaria per acquisire ulteriore spazio. Approvato il progetto di massima, fu deliberato l’accollo per i lavori preliminari; risultò vincitrice della gara l’impresa Niccolai; l'architetto Volpini seguì i lavori in tutte le fasi, a partire dall’acquisto del terreno poi furono realizzati i muri di recinzione e furono tracciati i viali d’impianto del nuovo spazio, lungo i quali furono piantati filari di cipressi.

Casella di testo:  Fig.4 Filippo Volpini, Progetto di ampliamento del primo recinto, AMP

            Del fabbricato dedicato ai loculi progettato da Volpini nulla fu realizzato, restano soltanto nell'archivio dell'Arciconfraternita due tavole in inchiostro acquerellato, timbrate, datate e firmate. In esse il camposanto era costituito da una parte centrale e due ali simmetriche. Fig.4

La porzione  centrale era costituita da un massiccio corpo di fabbrica scandito da pilastri su arcate cieche nelle quali si apriva una monofora ferrata, all’interno i blocchi di loculi erano distribuiti da due corridoi perimetrali; in asse all’ingresso si trovava un vano quadrato, non espressamente identificato come cappella, con ai lati due piccoli ambienti di servizio. Il collegamento verticale con il sotterraneo era collocato in testata al corridoio dei loculi.

           

Fig.4 Filippo Volpini, Progetto di ampliamento del primo recinto, AMP

Dato che il progetto Volpini non aveva avuto avuto alcun esito oltre agli interventi di perimetrazione del recinto, la situazione del cimitero si presentava assai critica; era un cantiere aperto che richiedeva un rapido intervento. Ciò nonostante  fu deliberato dall'Arciconfraternita di conferire un nuovo incarico all'impresa dei fratelli Raffaello e Pietro Parri, appartenenti a una famiglia di costruttori noti e molto attivi in città, che presentarono nel marzo 1888 uno dei progetti più complessi e interessanti tra quelli fin qui esaminati. Capace di 1870 loculi avrebbe avuto un  loggiato collegato, senza interromperne il percorso, al loggiato bernardiniano; in asse al prospetto i Parri progettarono una nuova chiesa, a croce latina; il cui transetto era occupato da loculi, i collegamenti con il sotterraneo erano costituiti da una scala parallela al nuovo e al vecchio porticato. Fig.5

Fig. 5, Pietro e Raffaello Parri, progetto di ampliamento del primo recinto, AMP

Casella di testo:  Fig. 5, Pietro e Raffaello Parri, progetto di ampliamento del primo recinto, AMP

            Mentre era ancora in corso il dibattito intorno al progetto Parri, fu consacrata l'area dell’ampliamento, per consentire almeno le sepolture a sterro; rimaneva l'urgenza di costruire nuovi loculi, così fu deliberato dall'Arciconfraternita di prolungare l’antico loggiato del cimitero sulla base delle indicazioni dei Parri; in seguito, a causa di questioni procedurali che contrapposero l'Arciconfraternita ai progettisti che dissentivano riguardo all'introduzione di alcune variazioni, la collaborazione s’interruppe e i lavori rimasero bloccati mentre iniziava a farsi strada l'ipotesi di accogliere il progetto per l'ampliamento del recinto cimiteriale che era stato nel frattempo spontaneamente “messo a disposizione” dell’Arciconfraternita da Pietro Arcangioli (1859-1838); da questo momento in poi le vicende del cimitero della Misericordia saranno segnate, per un trentennio, anche dalla presenza dell' Arcangioli che, nel 1893 fu nominato “fratello” della Misericordia per i molti “servizi fatti senza verun interesse”. Nato a Pistoia con formazione accademica fiorentina, Pietro Arcangioli, architetto-scultore, ebbe studio a Firenze con il fratello Emidio; stimato presso i contemporanei, si occupo' anche di architettura degli interni, disegnando arredi, e di scultura.

 

5. Pietro Arcangioli,  Giovanni Pedrazzi e la realizzazione del primo recinto

            La necessità di un progetto organico in grado di sopperire alle necessità della Misericordia anche nel lungo periodo caratterizzò il dibattito interno all'Arciconfraternita tra l'ottavo e il nono decennio del XIX secolo; durante questo periodo due furono i progetti per la parte est del nuovo recinto che furono presi in considerazione: il progetto di Pietro Arcangioli e quello del capomaestro Giovanni Pedrazzi.

             In questi stessi anni molti dei cimiteri italiani conobbero una stagione di ampliamenti, tra i tanti  il cimitero fiorentino di Trespiano in quegli stessi anni conobbe “il decollo monumentale”; fu ampliato anche quello dell' Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, ove lavorò l'architetto Michelangelo Maiorfi, e quello della Misericordia di Prato  per il quale tra gli anni settanta e gli anni novanta dell'Ottocento fu realizzato il secondo recinto. L'amministrazione comunale di Pistoia negli stessi anni si dibatteva tra la realizzazione del necessario ampliamento del cimitero Principale e la possibilità di trasferirlo in luogo più adatto.

            Il progetto che Arcangioli presentò all'Arciconfraternita era costituito da un recinto rettangolare il cui lato est era costituito da un edificio porticato  formato da dieci cappelle al centro delle quali era situato l’oratorio a pianta quadrata con copertura a cupola. I blocchi di loculi erano disposti ai lati dell’aula e distribuiti da una galleria continua. In prospetto le cappelle per i loculi costituivano il corpo centrale ed erano di maggiore altezza rispetto alle ali; il tema del porticato è ancora una volta preponderante ed echeggia seppur con maggiori dimensioni e un apparato decorativo assai semplice, temi compositivi prelevati dalla costruzione bernardiniana. L'ordine maggiore è costituito da lesene  in intonaco, decorate da bozze piane, all'interno le arcate girano su pilastri, su di esse sono sovrapposti semplici frontoni all'interno dei quali è collocata la Croce; il tema ricorda da vicino gli ingressi progettati da Carlo Ceppi per l’ampliamento del cimitero monumentale di Torino nel 1880.Fig.6

Fig. 6, Pietro Arcangioli, progetto di ampliamento del primo recinto, AMP

Casella di testo:  Fig. 6, Pietro Arcangioli, progetto di ampliamento del primo recinto, AMP            Arcangioli era in possesso di una tavola di F.Cuneo predisposto per un cimitero monumentale di stile romanzo, progetto che fu primo classificato al “saggio di studio dell’Istituto di Belle Arti di Firenze del 1884-85”; lo stesso progettista inviò la tavola all'Arcangioli, con dedica autografa, che ottenne la copia quale materiale di studio. Il linguaggio neo-romanico adottato da Arcangioli fu confermato anche dall’uso di una coloritura bicroma in fasce bianco-verde, citazione prelevata dai paramenti di alcune chiese pistoiesi costruite nel XIII secolo, come elemento identitario dell'architettura della città, la caratterizzazione fu usata per le ghiere degli archi e per le lesene addossate ai pilastri dell’edificio centrale; tracce della decorazione pittorica si conservarono fino alla fine degli anni Cinquanta.

            Nello stesso periodo fu posto all'attenzione della Misericordia anche il progetto di Giovanni Pedrazzi: l'ampliamento era costituito da un edificio centrale con loggiato di maggiore altezza rispetto alle ali anch'esse porticate; nell'asse di simmetria fu posto l’oratorio, con planimetria a croce greca e concluso da una cupola emisferica, il prospetto del corpo centrale si conformava in tutto al linguaggio dell’antico cimitero, nel complesso la fabbrica risultava piuttosto semplice.

            Il dibattito riguardo la scelta tra i due progetti richiese un arbitrato esterno e autorevole per il quale fu consultato Francesco Bartolini, figura di grande rilievo in città e in contatto con l'ambiente culturale-artistico fiorentino e nazionale; l'architetto consigliò di coordinare i due progetti utilizzando la soluzione planimetrica del Pedrazzi e “la parte estetica e decorativa” dell’Arcangioli. Già nel gennaio 1893 fu consegnata una stima dei lavori che fu approvata insieme con la richiesta pressante al progettista di fornire i modelli in gesso per realizzare i dettagli degli ornamenti.

            Frattanto anticipando il dettato progettuale di Arcangioli, si fece strada la decisione di realizzare, al più presto, due cappelle di loculi per supplire immediatamente alla richiesta di tumulazioni; furono realizzati 600 loculi ma la loro costruzione sollevò non poche polemiche, solo dopo l'apertura del nuovo cantiere fu stabilito in modo inequivocabile di procedere secondo le indicazioni di Pietro Arcangioli, proseguendo quindi con la realizzazione del loggiato e la costruzione del solo prospetto della chiesa prevista al centro del nuovo edificio, posticipando così il completamento a una fase successiva. La fabbrica fu ultimata solo dopo alcuni cambiamenti apportati in ossequio alla normativa di polizia mortuaria e quindi collaudata nel gennaio 1905; per il completamento di tutto il braccio est, secondo le indicazioni dell'Arcangioli, si dovrà attendere la fine del terzo decennio del Novecento; la topografia dei nuovi spazi fu identificata dalle intitolazione delle varie zone dedicate alla Madonna e ai Santi, per questo motivo ogni settore fu caratterizzato con l'allestimento di una immagine devozionale e trovarono nuova collocazione due opere devozionali:un affresco un Crocifisso provenienti dall'ingente patrimonio di oggetti sacri pervenuto all'Amministrazione comunale a seguito delle leggi di soppressione dello stato unitario.

            Tra gli interventi che caratterizzarono questo periodo è da segnalare la realizzazione  del monumento dedicato alla memoria del re Umberto I, è oggi collocato su viale principale del primo recinto, fu realizzato dallo scultore Lorenzo Guazzini; attivo e originale scultore pistoiese impegnato anche nella realizzazione di monumenti funebri, si era formato all'Accademia fiorentina e anche presso quella di Roma; nello stesso periodo fu portata a termine anche la costruzione di una nuova galleria di loculi posta sul retro dell'antica fabbrica bernardiniana.

            Ed è proprio alla conclusione della lunga galleria, portata a compimento in tappe diverse ma comunque entro il secondo decennio del Novecento, che mette in collegamento il piano interrato con la cappella superiore intitolata alla Mater Misericordiae e la cappella bernardiniana di San Francesco, che l'Arciconfraternita decise di allestire il “Crocifisso grandissimo” con l'intento di arricchire ulteriormente lo spazio cimiteriale, affidando la qualificazione non alle sole memorie, alle epigrafi o ai monumenti apposti dai parenti dei defunti ma anche ad opere che oggi definiremmo devozionali. In tal senso i confratelli avevano già ottenuto sul finire degli anni ottanta dell'Ottocento, in significativa consonanza temporale con la conclusione di uno degli ampliamenti  del braccio trasversale per la costruzione di nuovi loculi, un affresco staccato, proveniente dalla chiesa pistoiese di santa Maria della Neve, che rappresentava la Madonna col bambino e angeli; questo era destinato ad essere allestito proprio nella cappella Mater Misericordiae e successivamente nella cappella simmetrica, al di là dell'antico famedio, nella cappella della Madonna delle Grazie.

            Il primo recinto conobbe nuove addizioni all'originario fabbricato realizzato in più tempi sul lato est, ad esso fu ben presto contrapposta una costruzione che caratterizzò in modo nuovo tutto il lato ovest del recinto, una volta semplice muraglia di recinzione e da questo momento in poi divenne parte integrante del cimitero; parallelamente procedeva la costruzione delle cappelle gentilizie realizzate da privati su concessione dell'Arciconfraternita lungo gli altri due lati del recinto: quello nord e quello sud.

Casella di testo:  Fig. 7, Pietro Arcangioli, progetto per la casa del cappuccino  e per i loculi lungo via dei campi santi, AMP            Nel 1920 il nuovo incarico a Pietro Arcangioli servì per realizzare un edificio da adibire a spazio di servizio per il cimitero e abitazione del custode; la costruzione era  identificata nelle tavole di progetto come “casa del Cappuccino”: un edificio a due piani, posto nella zona nord-ovest del recinto sacro, articolato in due blocchi separati da un ingresso; nell'edificio furono collocati al piano terreno i locali di servizio al cimitero e la sala autoptica, mentre al piano superiore si trovavano due appartamenti. Il prospetto della costruzione fu concepito secondo un linguaggio assai prossimo a quello già utilizzato per il fabbricato principale del cimitero: grandi campi d’intonaco misurati da lesene in bozze piane e bicrome, per la residenza, con aperture che richiamavano la la tradizione costruttiva locale e il linguaggio neo-rinascimentale. Fig.7

 

           

Fig. 7, Pietro Arcangioli, progetto per la casa del cappuccino  e per i loculi lungo via dei campi santi, AMP

6. Il progetto per il secondo recinto e gli ampliamenti  del primo Novecento

            A est del primo recinto, oltre il rio Diecine, fu previsto, a partire dal secondo-terzo decennio del Novecento, un secondo recinto per il quale, almeno nella prima fase,  fu ipotizzato che il solo lato est sarebbe stato impegnato dai fabbricati con i blocchi di loculi; una nuova chiesa fu posta in asse al passaggio realizzato tra il primo recinto e l'area del nuovo ampliamento. Al progetto contribuirono l'ingegner Martellucci, il geometra Romolo Baldi e ancora una volta Pietro Arcangioli. Espletata nel corso del 1930 la fase di recinzione del nuovo terreno di oltre cinquemila metri quadri, il progetto rimase bloccato fino al 1935.

            Del progetto per il nuovo ampliamento ci fu possibile consultare durante le ricerche necessarie alla ricostruzione della storia del cimitero dell'Arciconfraternita, un consistente corpus di disegni conservati presso gli Eredi Arcangioli; la collezione comprendeva ventiquattro disegni autografi dell'architetto scultore che si riferivano al progetto inizialmente presentato da Martellucci; cinque tra questi disegni riguardavano la nuova chiesa posta in asse al passaggio realizzato sopra al rio Diecine, si tratta di disegni di medio formato, in scala 1:25; altri disegni servirono all'Arcangioli per studiare la trasformazione della corte coperta, inizialmente progettata come chiesa a servizio del primo recinto cimiteriale. L'architetto-scultore pistoiese lavorò alla trasformazione di questo spazio che nella nuova ipotesi sarebbe stato utilizzato come famedio e camera ardente. Si tratta di spolveri definitivi, preparatori alla redazione da tracciare in china; la tecnica utilizzata è lapis e matita colorata, talvolta inchiostro acquerellato, ma solo per le campiture murarie nelle planimetrie; in alcune tavole, le più interessanti, Arcangioli traccia appunti, conti, elementi architettonici disegnati in scala diversa; ogni tavola, ogni planimetria o sezione è quotata, ovunque passaggi, luci, altezze, hanno la loro dimensione, per mantenere un controllo costante della costruzione. Dall'esame delle tavole risulta evidente che il maggior interesse fu dedicato alla progettazione della  chiesa per il secondo recinto.Casella di testo:  Fig. 8, Pietro Arcangioli, Progetto per la chiesa del secondo recinto, Collezione Eredi Arcangioli

            L’aula della chiesa con pianta centrale quadrata ha la copertura a cupola, sostenuta da pilastri disposti a quincums, e prevedeva alcuni affacci interni che avrebbero dovuto essere accessibili dal secondo piano dei loculi, quasi degli affacci di coretti che richiamano da lontano quelli delle antiche Cappelle palatine; il medesimo tema compositivo, circa vent'anni dopo, sarà impiegato e amplificato da Giovanni Michelucci per la chiesa pistoiese del cimitero della Vergine(1959-1961) per la quale l'architetto sistemò nelle gallerie dei loculi vere e proprie balconate d'affaccio sull'aula della chiesa, il cui parapetto era costituito da un inginocchiatoio ligneo interrotto ritmicamente dai telai di cemento a faccia vista. Fig.8

            I prospetti della nuova chiesa del cimitero e delle due ali erano ritmati da semplici lesene, il coronamento era costituito da archetti pensili in intonaco che si ripetevano anche sul prospetto della chiesa. L’ingresso all’aula avveniva attraverso una sorta di nartece legato distributivamente al percorso di collegamento degli ambienti che disimpegnavano i blocchi di loculi; sulle scale d’accesso alla chiesa furono realizzate  due edicole per le quali erano previste due statue che non furono mai collocate.

            Mentre il progetto rimaneva sospeso per alcuni anni, Pietro Arcangioli ricevette nel contempo due ulteriori incarichi: il progetto per l'ossario dedicato ai Caduti della prima guerra mondiale, per il quale realizzò una lunetta a bassorilievo con il tema della Madonna della Misericordia, e il progetto per il completamento del lato ovest del recinto costituito da “un loggiato con cappelle, tombe e celle” lungo il muro di recinzione che separava il cimitero dalla via pubblica, nello spazio di terreno che rimaneva tra il muro ed i primi quadrati con le sepolture a sterro.

Fig. 8, Pietro Arcangioli, Progetto per la chiesa del secondo recinto, Collezione Eredi Arcangioli          

  Il loggiato fu progettato in aderenza alla casa del Cappuccino e distribuiva una serie di piccoli ambienti destinati ai loculi che erano illuminati da una monofora; gli accessi erano schermati da cancelli in ferro battuto, alcuni dei vani furono destinati a cappelle private per alcune delle quali fu Arcangioli stesso a progettare l'arredo e le finiture interne. Il nuovo edificio costituiva così il nuovo fronte-strada del camposanto sostituendo il semplice muro di recinzione; in questo modo il nuovo prospetto esterno del cimitero ebbe in asse l'ingresso principale e due ingressi secondari disposti simmetricamente; la muraglia fu ritmata da lesene in bozze piane realizzate in intonaco; e sopra ogni lesena fu posto un acroterio.

            Finalmente nel 1935 sulla base degli esecutivi elaborati dall'ingegner Martellucci presero l'avvio i lavori per la realizzazione del lato est del secondo recinto e per la trasformazione del fabbricato centrale del primo recinto in un monumentale ingresso al nuovo spazio con sepolture a sterro collocate al centro e loculi disposti sui due lati lunghi. Con il passare degli anni sui due lati brevi, a nord e a sud, a partire dalla fine degli anni sessanta del Novecento saranno realizzati blocchi di loculi organizzati in padiglioni autonomi in cemento a faccia-vista. Il lato nord del secondo recinto fu completato solo sul finire degli anni Ottanta del Novecento con la costruzione del padiglione intitolato a papa Giovanni Paolo I e in fine con l'ala intitolata a Padre Adriano Donati, cappellano dell'Istituzione.

 

7. La cappella gentilizia: esempi tra fine Ottocento e Novecento

            Molte famiglie della nuova borghesia imprenditoriale, a partire dalla fine del secolo XIX, stipularono i primi contratti per acquistare il diritto di superficie all’interno del camposanto per realizzare la propria cappella gentilizia, la cui tipologia era già ampiamente codificata e trovava posto in repertori a stampa a servizio dei progettisti per i quali questo aspetto del mestiere, seppur ritenuto meno prestigioso, rappresentava ormai parte integrante della prassi professionale.

                La tipologia di cappella maggiormente diffusa nel cimitero dell'Arciconfraternita è quella in forma di “piccola chiesa”, più o meno ricca nell'apparato decorativo e con riferimenti architettonici che evidenziano talvolta la presenza di operatori più esperti. La prima cappella ad essere realizzata all’interno del cimitero della Misericordia è quella della famiglia Tonelli e porta la data 1889; il  progettista ripropose elementi prossimi a cappelle gentilizie realizzate negli stessi anni in alcuni cimiteri fiorentini e pubblicate sulla rivista “Ricordi di Architettura”. Nell’auletta superiore della cappella Tonelli sono disposti alcuni pregevoli monumenti parietali, opere di buona scultura, per i quali è impiegato tutto il repertorio del simbolismo funebre. Successivo è il progetto della cappella Carradori presentato da Pilo Becherucci nel 1935. In quest'occasione l'ingegnere pistoiese di formazione romana declinò un fortunato modello di architettura funeraria che trova riferimenti in molti cimiteri europei; si tratta di un tempietto a pianta centrale concluso da una cupola emisferica; il progetto fu semplificato in fase esecutiva, la copertura infatti originariamente avrebbe dovuto essere coperta da scaglie embricate in maiolica verde e azzurra e la lanterna avrebbe dovuto essere completata da una figuretta angelica. Fig.9

  Fig.9, Pilo Becherucci, Progetto per la cappella Carradori, Collezione Privata

A partire dal primo decennio del XX secolo la Misericordia nominò una commissione interna incaricata di esaminare i progetti per la cappelle dei privati; tra i componenti è quasi sempre presente un tecnico, talvolta è Pietro Arcangioli, in seguito l'architetto Roberto Giannini; alla commissione erano sottoposti i progetti considerati nella loro rispondenza al dettato di “ornato” e di “decoro” della struttura cimiteriale.Tra gli anni Venti e i primi anni Quaranta, fu realizzato un gran numero di cappelle secondo l’affermato modello della piccola chiesa-oratorio tra le quali la cappella Benesperi il cui ingresso fu connotato dalla scultura di Lorenzo Guazzini.

 

            L’edificio maggiormente rappresentativo di questo periodo è sicuramente la cappella della famiglia Bianchi costruita su progetto dell'architetto fiorentino Nello Baroni, con decorazione arborea di Pietro Porcinai. Fu lo stesso Baroni a dichiarare di aver cercato uniformarsi “all’atmosfera che i monumenti impongono” realizzando così una cappella che nell'intendimento del progettista si “richiamava ad elementi classici astraendosi da un troppo rigido modernismo”. Il progetto di Porcinai per il giardino attorno alla cappella, accompagnava gli indirizzi del progetto architettonico, proponendo una siepe realizzata con piante di bosso e di rose mentre il fondale della cappella era costituito da quattro cipressi.

            Tra il 1950 e il 1951 sono realizzate varie cappelle tra cui quella Danesi su progetto dello Studio A5 di Firenze e la cappella della famiglia Nenciolini su disegno dell’architetto Santelli di Signa; la cappella Mazzoncini fu decorata da un gruppo marmoreo eseguito dallo scultore Baccelli di Lucca, la cappella Capecchi fu progettata dall’architetto Padovano, in fine la cappella oggi della famiglia  Salocchi fu progettata da Cesare Borsi nel 1955.

8. Dal dopoguerra al presente: ampliamenti e ipotesi di valorizzazione

            L’attività all'interno dell’area cimiteriale negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale fu quasi esclusivamente rivolta alla realizzazione di cappelle gentilizie. Si deve giungere al 1950 per dare compimento a nuovi loculi nello spazio ricavato dalla inclusione del rio Diecine ormai da tempo all'interno del recinto cimiteriale.

 

   Fig. 10, Emilio Pagnini, Ala Clemente Rospigliosi, secondo blocco        

A partire dal 1953 è Raffaello Pratesi adCasella di testo:  Fig. 10, Emilio Pagnini, Ala Clemente Rospigliosi, secondo blocco occuparsi della progettazione di quegli spazi non ancora completamente utilizzati. Egli segue la costruzione dei colombari all’estremo della galleria detta delle Sacre Stimmate, e fa il progetto per una cappella costituita da colombari da realizzare tra la cappella Bertini ed il loggiato all’estremo sud. Se si esclude l’intervento dell’ingegner Alberto Fondi, che redige nel 1955 il progetto di prolungamento per l’ala nord est di colombari da costruire sopra il Diecine, la collaborazione con il geometra Pratesi riguarda un periodo di oltre dieci anni; egli firma il progetto per il blocco di loculi a fianco della cappella secondo un meccanismo prossimo all’ampliamento Arcangioli-Martellucci; nel 1962 si occupa del completamento del fabbricato intitolato a San Marco e infine segue i lavori per la chiusura dell’accesso da via dei Campisanti della galleria delle Sacre Stimmate. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta il generale riassetto di tutta l’area cimiteriale è anticipato dal mutamento interno alla chiesa che subisce un generale riarredo, e lo spostamento dell'altare che in quest'occasione fu addossato alla parete di fondo su proposta di padre Dino Alessandrini al quale era affidata l'ufficiatura della chiesa cimiteriale.

Alla prima metà degli anni Sessanta risale la collaborazione con Emilio Pagnini, architetto pistoiese, che progetta oltre ai loculi nella galleria di Santa Maria Addolorata, la cappella per la famiglia Baroncelli e la sepoltura Petrucci, in forma di giardino; nella seconda metà degli anni Ottanta: progetta il padiglione intitolato a Papa Giovanni Paolo I, l’ala dedicata alla memoria di Padre Adriano Donati e gli ultimi consistenti ampliamenti intitolati a papa Clemente IX Rospigliosi, realizzati tra il 2001 e il 2009.Fig.10

Il recente ampliamento verso est è costituito da una corte su cui prospettano due grandi blocchi di loculi, su tre livelli di cui uno parzialmente interrato;essi sono realizzati in cemento a faccia vista segnato da fughe orizzontali, profondamente incise; l'architettura interna alle gallerie dei loculi è molto semplice e segnata dalla luce diffusa che filtra dall'alto attraverso i lucernari; l’ingresso del padiglione nord dal quale si accede direttamente dall'esterno del recinto è connotato da un intervento dello scultore Adriano Mancini

      

9. Ipotesi per un progetto di valorizzazione

 

Gli oltre due secoli di storia del cimitero dell'Arciconfraternita comportano un duplice impegno: quello della conservazione di monumenti, epigrafi e cappelle che molto spesso sono scadute nella cura dei parenti perché è estinto il ramo familiare, e quello della valorizzazione di un patrimonio che talvolta raggiunge alti livelli artistici e nella maggioranza dei casi delinea un momento storico e la sua identità legata anche alle relazioni tra artista e committente. Nel difficile compito di ricomporre un percorso che passa necessariamente per la manutenzione e il restauro, l'Arciconfraernita ha commissionato lo studio di cui sono state presentate le linee generali in questo contributo; i risultati saranno la road map per gli interventi e in quest'ottica è stato portato a termine un primo intervento pilota: il restauro del Crocifisso quattrocentesco allestito nell'ala sud-est del primo recinto, con lo scopo di salvaguardare un'opera pregevolissima e anche di attivare un percorso di conoscenza e valorizzazione della più antica parte del cimitero.

 

Fig.11, schema planimetrico del cimitero: fasi costruttive del primo recinto              

 

Il Crocifisso ligneo, giunto al cimitero dell'Arciconfraternita entro il secondo decennio del Novecento, rappresenta il lacerto d'un discorso artistico spezzato e che forse non sarà mai del tutto ricomponibile, nonostante che il notevole scavo documentario effettuato per il suo restauro, consenta finalmente di individuare non solo la provenienza, ma anche un intorno cronologico per la scultura e di riconoscere un altrettanto definito entourage artistico per il “Crocifisso grandissimo”. 

 

L'opera allestita nel cimitero della Misericordia sul principio del XX secolo, avrebbe potuto essere considerata oggi solo come un oggetto d'arte: apparentemente fuori contesto, privata dell'architettura che l'aveva custodita per secoli, ha perduto i riferimenti spaziali: l'altare o lo spazio sacro per il quale era stato scolpito è destinato ad essere noto solo attraverso la sua localizzazione storica. La chiesa pistoiese di san Pier Maggiore, dalla quale proviene il Crocifisso della Misericordia, risulta infatti molto mutata e quindi riguardo il suo originario allestimento possono essere effettuate soltanto ipotesi ricostruttive. Tuttavia il cimitero che accolse il Crocifisso, difficilmente allestibile in contesti già caratterizzati date le sue non consuete dimensioni, fu spazio totalmente diverso da quello liturgico che ne determinò la scultura e divenne dimensione nuova e sacrale: la conclusione spirituale del lungo percorso che univa la cappella di San Francesco con lo scalone di collegamento ai loculi del seminterrato.

Il “Crocifisso grandissimo”, ha atteso dall'epoca del suo allestimento, in penombra i tempi del suo restauro; dallo scavo d'archivio relativo è ora possibile conoscere la sua provenienza, la sua esistenza, la sua quasi totale originalità, e infine la sua notevole dimensione, sono i dati che costituiscono gli elementi peculiari del racconto della sua esecuzione. La scelta di ricollocare l'opera nel luogo in cui fu allestita 100 anni fa si inserisce nel piano di valorizzazione che l'Arciconfraternita intende intraprendere di cui il complesso restauro del Crocifisso costituisce una prima importante tappa.

 

Il presente lavoro è stato presentato al “secondo convegno specialistico internazionale sui cimiteri monumentali: conoscenza, conservazione, restyling”, tenutosi a Ostuni il 10-11 maggio 2013, i cui atti sono in corso di pubblicazione, pertanto l'uso delle notizie contenute nel testo è protetto dalla normativa vigente in materia di diritto d'autore, qualunque uso ulteriore alla semplice lettura deve essere autorizzato e concordato dagli autori dello studio.

Indicazioni bibliografiche possono essere richieste a: info@studiopagnini.com

 
 

 



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